29 ottobre 2006

I problemi dello stress sul lavoro

- L’Organizzazione Mondiale della Sanità già dal 1987 ha definito come salute "uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non solo l’assenza di malattia o infermità».
- E’ pertanto condiviso l’assunto che il Benessere non vada inteso solo in senso individuale, ma correlato con il Benessere sociale.
- L’attenzione al Benessere significa mettere in primo piano l’importanza imprescindibile della persona, delle sue condizioni di vita intrecciate indissolubilmente con quelle sul posto di lavoro, e dei suoi riflessi, nell’ambito sociale e familiare.
- Il radicamento di uno stato di Benessere sul posto di lavoro, pertanto, può essere fortemente minato da una condizione di disagio lavorativo e/o di stress cronico, che rappresentano causa certa di danno e potenzialmente condizione-base dell’ammalarsi dell’individuo e, di riflesso, della società.
- Lo stress cronico e il disagio psico-fisico nei luoghi di lavoro non possono più essere considerati un problema occasionale ed individuale, in quanto vanno assumendo le proporzioni di un fenomeno globale, che colpisce ogni categoria professionale, in ogni luogo di lavoro ed in ogni Paese, e assurge a fattore invalidante della persona, in specifico nel contesto lavorativo. I danniche ne derivano hanno costi estremamente rilevanti per le aziende private e pubbliche.
- Lo stress è al secondo posto tra i problemi di salute e sicurezza sul lavoro ed interessa il 28% dei lavoratori dell’Unione Europea (dati Fondazione di Dublino 2002).
- Da anni in Europa sta crescendo l’impegno, espresso in diverse forme, volto a prevenire, riconoscere ed eliminare le cause del disagio psico- fisico nei luoghi di lavoro, piuttosto che limitarsi a trattarne le conseguenze.
- La prevenzione, la diagnosi e la cura vanno visti come fondamentali interventi per il raggiungimento del Benessere sul luogo di lavoro, ma anche dell’azienda, in quanto non in contrasto, ma anzi in accordo, con la produttività e l’efficienza aziendale e del Paese.
- L’organizzazione del lavoro non può trascurare che all’interno del processo lavorativo non vi è solo la componente tecnica, ma vi è l’elemento pulsante, la componente umana rappresentata dalla popolazione lavorativa nel suo complesso. Lo stato di efficienza, pertanto, raggiungibile portando i processi tecnici ad eccellenza, deve necessariamente comprendere anche il fattoreumano.L’importanza di occuparsi di queste tematiche (con interventi preventivi, diagnostici, curativi) deve rientrare nel tessuto culturale della società per una piena e ampia consapevolezza.
- I luoghi di lavoro, oggi rappresentano più che mai, significativi contesti nei quali stimolare e promuovere lo sviluppo della persona, con conseguenti ricadute positive su tutto il sistema aziendale e, di riflesso, sociale.

SALUTE E SICUREZZA

- Nel marzo 2002, la Commissione delle Comunità europee, ha pubblicato una nuova strategia comunitaria per la salute e la sicurezza 2002-2006. La strategia sposa un'impostazione globale del benessere sul luogo di lavoro, prendendo in considerazione le trasformazioni del mondo del lavoro e l'insorgenza di nuovi rischi, in particolare psico-sociali, e mira così a migliorare la qualità del lavoro, della quale un ambiente di lavoro sano e sicuro è uno dei componenti fondamentali». E’ necessario, sottolinea la Commissione «sviluppare una strategia più globale per la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro in quanto la qualità dell'occupazione consta di varie componenti solidali: tipo di qualifiche richieste per il posto di lavoro, livello di formazione dei lavoratori, natura del loro rapporto di lavoro, organizzazione del loro lavoro e dell'orario di lavoro».

- Il Parlamento europeo mediante una importante risoluzione ha ribadito la necessità sul livello europeo di individuare «obiettivi comuni comparabili e comprendenti un piano d'azione per il rafforzamento dell'attuazione, del controllo e della valutazione delle direttive esistenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, nonché comprendenti iniziative per i rischi tuttora scoperti o parzialmente coperti, quali i (…) nuovi rischi emergenti quali lo stress (…) e le nuove situazioni di lavoro e promuovere il ricorso ad analisi di rischio quali componenti di un approccio preventivo». Un fenomeno diviene tale non per la sua gravità intrinseca, ma per la sua ricorrenza, per la sua diffusione, per l’allarme sociale che da esso ne deriva. Pertanto se non vi è presa di coscienza del problema sul piano collettivo, e pertanto, diffuso, se non c’è capacità direazione e denuncia, se non c’è minima conoscenza- informazione che spersonalizza il problema facendolo uscire dall’alveo della colpevolizzazione ad effetto implosivo, un fenomeno non si crea e con esso una conseguente presa di coscienza scientifica, non solo sul piano dello studio teorico, ma soprattutto d’intervento e di soluzione.

- Nell’ottobre 2004 è stato siglato il primo Accordo Bilaterale Europeo (a natura vincolante per le parti firmatarie) dalle delegazioni negoziali dei datori di lavoro e dei lavoratori di tutti i paesi membri europei. Tale atto rappresenta una svolta fondamentale in materia perché individua dei principi comuni da rispettare per identificare i problemi di stress lavoro-correlato, perché identifica le responsabilità delle parti in causa (a partire dal datore di lavoro), chiamandole, oltre ad impedire, eliminare i problemi dello stress lavorativo, a svolgere una adeguata analisi preventiva dell’organizzazione del lavoro (oltre che ad impedire/eliminare le cause di stress lavoro-correlato). L’accordo riconosce lo stress come un fenomeno che può interessare tutti i posti di lavoro e qualunque lavoratore e invita a prestare attenzione a tutti i segnali che potrebbero ricondurre a situazioni lavorative particolarmente esposte a tale rischio.

- A distanza di ben 31 anni dall’ultimo decreto ministeriale, relativo all’elenco delle malattie professionali previste, con il D.M. 27 Aprile 2004 è stato aggiornato l’elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia contro gli infortuni e le malattie professionali. Il nuovo elenco, che sostituisce quello precedente, è totalmente rinnovato non solo nei contenuti, ma nell’interaimpostazione. Sono previste infatti tre liste: -Lista I, contenente malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità; -Lista II, contenente malattie la cui origine lavorativa è di limitata probabilità; -Lista III, contenente malattie la cui origine lavorativa è possibile. Nella Lista II sono previste anche le disfunzioni dell’organizzazione del lavoro (con malattie psichiche e psicosomatiche derivanti da costrittività organizzativa quale disturbo da stress).

- A dieci anni dal recepimento di quella nuova politica di prevenzione proveniente dall’Europa nella quale si anteponeva il concetto di salute a quello di sicurezza, nella quale l’approccio meccanicistico, tecnico, strutturale veniva ad essere posizionato ad un livello importante, ma residuale in confronto alla nuova visione sistemica della salute e sicurezza sul lavoro, non possiamo più ritenere di poter competere sul mercato globale negando la centralità della persona sul posto di lavoro. E’ il modello del sistema di gestione, introdotto con il d.lgs.626/94, che deve divenire il metodo centrale di lavoro e di governo dell’intero processo produttivo. Un sistema, questo, che non deve ricercare altro che un’applicazione della normativa non come un vincolo burocratico, cogente, meramente legato ad adempimenti improduttivi e sterili, ma che la vive e interpreta come pieno strumento di gestione aziendale. Uno strumento che pone al centro il sistema delle relazioni, dell’interscambio, della collaborazione e della valorizzazione dei ruoli intesi quale collettività che trova nella partecipazione la sua piena espressione a partire dalle finalità specifiche di ciascuno nei diversi compiti indicati dal legislatore, giungendo a ricondurre nell’organizzazione del lavoro l’essenza piena di una tutela della salute e sicurezza sul lavoro che vede e valuta nel lavoratore, non solo il mero apporto di “fatica fisica e mentale”, ma che lopone quale attore irrinunciabile, supportato dalle altre figure, al centro dell’intero e complesso processo produttivo di cui frutto è il lavoro.

ASPETTI GIURIDICI E GIURISPRUDENZA

- Nella legislazione italiana un interessante ambito di ricomprensione della materia si può trovare mediante un importante intervento modificativo/integrativo del testo del d.lgs.626/94 a seguito della sentenza di condanna emessa dalla Corte di Giustizia europea (C. 49/00 del 15 novembre 2001) nei confronti dell’Italia a causa di un non corretto recepimento del testo della direttiva 89/391 da parte del legislatore nazionale. Mediante la sentenza di condanna, supportata dalle precise e inequivocabili parole della Corte di Giustizia europea «i datori di lavoro sono tenuti a valutare l’ insieme dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori», l’Italia ha ricevuto (se comunque ve ne fosse stato bisogno) una conferma sull’obbligo a carico del datore di lavoro, in sede di valutazione dei rischi, di rilevare «tutti» (termine oggi inserito nella “nuova” versione dell’art.4,c.1,d.lgs.626/94) gli aspetti presenti in ambiente di lavoro e suscettibili, in forma diretta e indiretta, di natura tecnica o organizzativa, tradizionale o emergente, di costituire fonte di rischio per i lavoratori.

- Nel marzo 2004 il Ministro della Funzione Pubblica ha pubblicato una propria direttiva (dal titolo fortemente indicativo ed esplicito): «Misure finalizzate al miglioramento del benessere organizzativo nelle pubbliche amministrazioni». Quale finalità del documento, si legge: «Con questa direttiva il Dipartimento della Funzione Pubblica, in linea con la volontà del Governo di attuare un radicale processo di cambiamento della pubblica amministrazione, pone l’attenzione sulla gestione delle risorse umane (…) finalizzate ad accrescere il benessere organizzativo».Specifico e di rilievo, tra le variabili critiche a cui le amministrazioni devono prestare attenzione «per assicurare il benessere organizzativo», tenere « sotto controllo i livelli percepiti di fatica fisica e mentale nonché di stress».

- L’importanza assunta dalle sentenze sul tema dello stress lavoro-correlato si lega a due principali aspetti di novità. Un primo aspetto è rappresentato dal rilevare che, ad oggi, in Italia anche in assenza di una precisa disposizione normativa che tratti del tema dello stress sul lavoro è possibile, da parte del lavoratore “sofferente”, vedersi riconosciuto il danno e, superando ilconcetto di danno biologico -direttamente collegato alla necessità di dimostrazione concreta e provata di aver subìto un danno psico- fisico- la nuova possibilità di vedersi riconosciuto un danno (identificato come «danno esistenziale») per la “sola” sofferenza patita di un disagiolavorativo che non abbia necessariamente procurato conseguenze di danno (patologie lavorocorrelate) dimostrabili dal lavoratore. La base giuridica richiamata dai giudici di Cassazione è l’art.2087 del codice civile.

ACQUISIZIONI DELLA SCIENZA

- I costi che il fenomeno dello Stress comporta per l’individuo, per l’industria e per la società nel suo complesso, sono oggi valutati più chiaramente dal mondo scientifico, e risultano molto ingenti e in continua crescita.
- Tali costi impongono pertanto metodi di prevenzione, diagnosi, ed intervento estremamente efficaci.
- Oggi è maggiormente possibile affrontare in modo adeguato il problema dello Stress sul lavoro grazie ad una recente evoluzione degli studi scientifici sul tema, che hanno messo a punto strumenti e metodi innovativi.
- Lo Stress è un fenomeno complesso multidimensionale e riguarda non solo la sfera psicologica della persona, ma aspetti relativi al livello psichico, emozionale, motorio e posturale, fisiologico.
- Grazie a ciò alcuni rami della scienza sono oggi in grado di studiare i meccanismi di fondo della persona che portano al fenomeno dello Stress sul lavoro. I nuovi studi analizzano differenti aspetti dell’organizzazione e delle modalità del lavoro (tempi, luoghi ,relazioni, responsabilità, condivisione, partecipazione….) da un punto di vista funzionalistico guardando negli effettipsicofisici complessivi che producono sul lavoratore. E dall’altra parte prendono in considerazione i funzionamenti di fondo (alla base di atteggiamenti, comportamenti, modi di fare), dell’essere umano collegate alle attività lavorative.
- Analizzare l’interazione modalità del lavoro e dall’altra parte funzionamenti di fondo del lavoratore permette di realizzare una reale opera di prevenzione attraverso, in particolar modo, progetti di formazione e aggiornamento mirati.
- E’ infatti oggi possibile focalizzare sempre di più tutti gli aspetti-chiave del lavoro che impediscono il benessere, che producono stress sul lavoro e che diminuiscono le capacità del lavoratore a vari livelli.
- Le nuove metodologie di intervento possono modificare dunque le situazioni di rischio nelle modalità del lavoro in modo utile sia per il lavoratore che per l’azienda, agendo proprio sui funzionamenti di fondo.
- E’ così possibile avviare un percorso diverso delle relazioni aziendali mettendo a fuoco obiettivi di benessere individuale e aziendale che non vadano a scapito di nessuno dei due poli: imprenditori e lavoratori.

INTERVENTI COLLETTIVI IN AMBIENTE DI LAVORO

Data la figura del datore di lavoro, con le sue responsabilità e i suoi obblighi, e la figura del lavoratore con il suo ruolo incontestabile di diretto testimone quotidiano del processo lavorativo, occorre cogliere appieno la potenzialità, nel rispetto delle rispettive specificità di funzione e ruolo, delle tre altre figure collocate in azienda, impegnate e totalmente dedicate al pieno raggiungimento di un livello, non solo di tutela della salute e sicurezza per tutti i soggetti presenti sul luogo di lavoro, ma di un livello di benessere diffuso e di tensione positiva costante rivolta ad un miglioramento continuo delle condizioni di lavoro.

In specifico, non va dimenticato il ruolo del:

- medico competente. La “competenza” di cui il legislatore ha inteso arricchire lafigura del medico d’azienda (previsto dalla legislazione pre-vigente in materia), èuna competenza che mai ha voluto, anche solo indirettamente, richiamare unamaggior capacità al confronto di altri nel saper svolgere il proprio compito, ma che ha inteso sottolineare la specifica preparazione di questi medici nel sapere svolgere una funzione di natura più meramente preventiva e volta alla valorizzazione dell’ergonomia e del benessere sul luogo di lavoro. Un medico quindi che, come il legislatore ha previsto nel d.lgs.626/94, partecipa attivamente al processo di valutazione di «tutti» i rischi, un medico che deve visitare obbligatoriamente gli ambienti di lavoro per vedere i lavoratori nel pieno svolgimento delle loro funzioni, un medico che è chiamato a collaborare alla progettazione e svolgimento dei corsi di formazione all’interno dell’azienda. Pertanto non un medico che è chiamato a svolgere esclusivamente le visite sanitarie di rito, quasi in un ruolo di natura passiva, ma un protagonista, al pari e in contatto costante con le altre figure della prevenzione in azienda, che svolge un ruolo attivo e propositivo.

- responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Una figura di impiantotecnico, ma essenziale nella relazione tra il livello gestionale-organizzativo e illivello più meramente operativo-produttivo, più naturalmente vicino con la realtàlavorativa quotidiana, ma al contempo referente esperto della dirigenza. A carico di questa centrale figura, a valore altamente significativo, la recente introduzione tra le materie obbligatorie per la sua formazione, la materia dei rischi di natura psicosociale, sottolineandone così, in maniera perentoria, la incontestabile “emergenza” e la necessità di doverli conoscere per ricomprenderli tra i rischi oggetto della valutazione dei rischi e degli interventi di natura preventiva a favore dell’intera popolazione lavorativa.

- rappresentate dei lavoratori per la sicurezza. Figura centrale di collegamento tra i lavoratori e le figure previste di responsabilità della tutela della salute e sicurezza sul lavoro. Determinante il suo apporto nel processo continuo di valutazione dei rischi (tradizionali e psico-sociali), richiamando in modo costante l’attenzione sul rapporto tra rischi e il sistema organizzativo aziendale, ponendo a priorità l’analisi puntuale degli effetti sinergici di tale correlazione.

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